Monday, September 7, 2009

Dog Flax Oil Teaspoon



widow of sessantottino Culture (2003)

Italian cinema, and many are scrambling to celebrate the rebirth, after giving us brief moments of hope with movies like "Bread and Tulips" Soldini or "Take the soul "of Faenza, or" The Heart Elsewhere "by Avati, seems to slip back in the climate created tirelessly mortuary culture sinistrese widowhood. The culture of
sinistrese has always produced an abundance of orphans and widows, also because of its fatal attraction to firearms. But here I am referring to the psychological orphan and widows. After all, most of the brigades, as shoots Catholic fundamentalism, and they are all orphans of the Almighty. When stopping at the first part of the famous joke by Woody Allen, became convinced that God was dead, they rushed to replace the icon with those of Karl Marx and Mao Tse Tung. But the relentless beat of Woody also has pursued them in their new religion, forcing them in a few years to realize that, besides God, they were dead even Marx and Mao. And at that point in the series produced sinistrese widows of Maoism: France Bernard Henri Levy and Andre Gluksmann and here we have the various honeys, Lehrner, Ferrara, Liguori and his companions.
Widows of Maoism, however, were not the worst evil, because they were a merry widows, ready a consolarsi subito con nuovi appassionati amori, magari con gli avversari storici dei loro defunti consorti: volta a volta papi, cardinali, magnati o leaders socialdemocratici, conservatori e perfino postfascisti
Il male peggiore, sul piano culturale, sono state le vedove inconsolabili, quelle che non riescono a elaborare il loro lutto (come si dice in psicoanalisi) e passano la vita a ricordare, rievocare e rimpiangere gli amori e gli amanti perduti dei loro anni cosiddetti formidabili. Così, il risorto (o rimorto ? ) cinema italiano ha ricominciato a rifilarci uno dopo l’altro queste evocazioni delle vedove inconsolabili presentandoci il comunismo come un Caro Estinto, anche se in realtà era ben poco caro, ben poco carino very well and carrion. So this year the big screen has been invaded by self-celebration of the inconsolable widows: Before we had six hours of candy Tullio Giordana and his best in September while the black youth just beginning has already ladled out the "state secrets" of Paolo Benvenuti (a fictionalized story of the death of Bandito Giuliano and the massacre of Portella of Broom, where the good are of course the Communists, who shed their blood for generous landed in the Stalinist Workers' Paradise, and the villains are even more naturally, the Christian Democrats and Americans who tried, unfortunately with success, to close the doors of that Paradise). And now we get between the head and neck capolavoro di Marco Bellocchio, “Buongiorno Notte”, proclamato subito vincitore morale del Festival di Venezia dalla nostra cultura vedovile.
Dirò subito che il film non l’ho ancora visto e che sono dispostissimo a credere che si tratti di un buon film, anzi del capolavoro di Bellocchio: un capolavoro peraltro non difficile da realizzare perché, dopo “I pugni in tasca”, la sua ottima opera prima di quasi 40 anni fa, Bellocchio era caduto in un minestrone di psicoanalisi e Fagioli e non aveva prodotto più niente d’interessante. Ma, al di là del merito intrinseco del film, quello che mi ha sbalordito è stata la crisi isterica dell’autore (che se n’è andato da Venezia slamming the door) and many of his fans widow of culture.
First I hit the self-complacent provincialism in which it moves (actually petrified that has) a large part of Italian culture. How can you wonder that an international jury bombed by the dramatic events of the modern world has not heard much from the incident involved a man arrived at the top of Italian political success for his masterpieces of ambiguity (remember the sublime, enigmatic formula of "parallel convergences"?) and then kidnapped and murdered by a bunch of idiots who, with sixty years of delay, trying to resurrect the living rooms three rooms of the Italian model di rivoluzione leninista già ripetutamente morto e sepolto nella sua patria ?
Mi ha colpito anche la patetica riflessione di Bellocchio su quel dramma: “Ai tempi del delitto Moro – ha dichiarato a non so quale TG – io sperai fino all’ultimo che nella patria di Machiavelli si sarebbe trovata una soluzione meno cruenta”. Santa ingenuità ! E non solo perché fu proprio Machiavelli a scrivere nel “Principe” che “i nemici è meglio spegnerli che perdonarli”, ma anche perché è stata la multisecolare tradizione machiavellica di doppiezza ad addestrare i politici italiani (dai fascisti ai comunisti ai democristiani e, forse, allo stesso Moro) a preferire alla chiarezza e alla coerenza quei giochi di furbizia in cui restano regolarmente impaniati.
Del resto, la stessa cultura vedovile che ha prodotto il film di Bellocchio, e tanti altri ne produrrà, è figlia della doppiezza, della costituzionale incapacità cattocomunista a comportarsi con semplicità e coerenza. Perché siamo afflitti da tutte queste vedove del ’68 e del ’78 ? Semplicemente perché tutti questi intellettuali tormentatissimi non hanno mai avuto il coraggio di dire a se stessi e agli altri queste poche, oneste e semplici parole: “Ho creduto ciecamente, con decenni di ritardo, in una idiozia politica naufragata già cinquant’anni prima nel sangue e nella vergogna, ho screditato e diffamato la socialdemocrazia e tutti gli altri partiti liberaldemocratici e, tenendo ben stretti i miei privilegi di figlio o figlia di papà, ho messo in scena una rivoluzione da operetta che ha ritardato di altri decenni la modernizzazione culturale del paese. Devo quindi molte, solenni scuse ai miei concittadini che hanno avuto l’intelligenza e la saggezza di non seguirmi nel mio cammino demenziale. E mi propongo di scendere finalmente dalla mia cattedra ridicola, di ascoltare per un congruo numero di anni i pochi intellettuali indipendenti che ho trattato per tanto tempo con grottesca supponenza e di lavorare con sincerità per il rafforzamento della liberaldemocrazia che ho, così a lungo, odiosamente derisa e combattuta.”
Purtroppo, non avendo mai avuto questo pizzico di coraggio e di umiltà, gli intellettuali del sinistrese sono condannati a portare avanti il loro ruolo barboso di vedove inconsolabili, di geni incompresi e di garibaldini in pensione.

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